L’Orlando furioso è un poema cavalleresco, la cui terza ed ultima edizione fu pubblicata nel 1532. Si compone di 46 canti in ottave (in totale sono 38.736 versi) ed è l'ideale continuazione dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo.
L’opera fonde insieme la materia carolingia con quella bretone. Le vicende dei personaggi si intrecciano continuamente, costituendo molteplici fili narrativi tutti armonicamente tessuti insieme. La trama ruota intorno a tre motivi: epico (guerra tra pagani e cristiani), amoroso (passione di Orlando per Angelica) e celebrativo (amore di Ruggero e Bradamante, dalla cui unione discenderà la Casa d’Este).
L'intellettuale cortigiano Ariosto iniziò la prima stesura nel 1505, quando grazie a Boiardo le vicende di Orlando e dei paladini di Carlo Magno erano già note alla corte estense.
Il poema, pur concepito come gionta dell’Orlando Innamorato, non ne fu mai un vero e proprio seguito: in quello che Alberto Casadei definisce Finale Epico, infatti, Ariosto non chiuse il "cerchio" con l'opera di Boiardo. La trama si sviluppa a partire dalla rotta cristiana anziché dall'assedio di Parigi dove Boiardo interruppe la sua opera. La materia cavalleresca, i luoghi e i personaggi principali sono gli stessi, ma l’elaborazione di tutti gli elementi risponde a una ricerca letteraria molto più profonda. I personaggi acquistano una dimensione psicologica potente, il racconto diviene un insieme organico di vicende intrecciate in un’architettura di complessità grandiosa. La veste linguistica – specialmente dalla terza edizione – è completamente rivista, dando vita ad una forma di comunicazione letteraria del tutto nuova.
La prima edizione dell’Orlando Furioso, in 40 canti, fu pubblicata a Ferrara nell’aprile 1516, per l’editore Giovanni Mazocco. Portava una dedica al cardinale Ippolito d'Este il quale, poco interessato alla letteratura, non mostrò alcun apprezzamento.
Il nuovo poema di Ariosto differiva dalle opere letterarie precedenti: non è più, in senso stretto, un poema di corte, ma è la prima opera letteraria di intrattenimento ad essere pensata e curata per la pubblicazione a stampa, cioè per la diffusione presso un pubblico il più vasto possibile. Si tratta perciò della prima grande opera di letteratura moderna nella cultura occidentale.
L’edizione del 1516 conteneva secondo l'autore molte imperfezioni, sicchè s'impegnò subito in una lunga revisione. Questa prima edizione è pensata per divertire la corte e per celebrare la famiglia estense. Ariosto è proiettato in una prospettiva municipale, la lingua dell'opera è una ricca fusione di termini toscani, padani e latineggianti.
La seconda edizione fu pubblicata a Ferrara nel 1521. C’è una revisione della lingua, ora molto più orientata al toscano. Non ci sono modifiche di rilievo, sebbene fra il 1518 e il 1519 l'autore avesse ideato cinque nuovi canti (poi espunti).
Queste due edizioni erano però ancora molto diverse dalla finale. Nel frattempo, Ariosto si rese conto che l’opera aveva la portata di un capolavoro: prima della terza edizione l’opera aveva già avuto 17 ristampe.
La terza edizione fu pubblicata nel 1532, rielaborata nel testo in maniera più ampia.
La differenza è evidente sul piano linguistico: se le prime due edizioni erano comunque rivolte prevalentemente a un pubblico ferrarese o padano (scritte cioè in una lingua che teneva conto delle espressività popolari, lombarde e toscane), la seconda revisione mira invece a ricreare un modello linguistico italiano nazionale secondo i canoni teorizzati da Pietro Bembo (che nelle Prose della volgar lingua riformula il suo ideale di petrarchismo).
Vengono inoltre inseriti nuovi canti e gruppi di ottave distribuiti in parti diverse dell’opera. Le dimensioni cambiano, il poema viene portato a 46 canti, modificando la suddivisione e l’architettura.
Vengono aggiunte diverse storie e scene, che risultano tra quelle di maggior intensità (anticipando in un certo grado anche la futura teatralità shakespeariana). Compaiono i molti riferimenti alla storia contemporanea, con la gravissima crisi politica italiana.
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