Durante il periodo in cui rivestì l’incarico di capitano della rocca di
Canossa (1502-1503), Ariosto scese spesso nella campagna vicina a
Reggio Emilia, ospite dei cugini Malaguzzi presso la villa del
Mauriziano.
Qui riscoprì la poesia:
“Già mi fur dolci inviti a empir le carte
li luoghi ameni…”
come ricorderà più tardi nella Satira IV con rimpianto e nostalgia:
“Erano allora gli anni miei tra aprile
e maggio belli…”.
La
villa del Mauriziano era annessa al fondo della Bazzarola, vicino alla
chiesa di S. Maurizio, ed è più volte citata nei documenti
dell’archivio della famiglia Malaguzzi conservati nell’Archivio di
Stato di Reggio Emilia: è chiamata “Domum novam” nel testamento di
Ludovico Malaguzzi del 1506, “Mauritiano” in quello di Annibale del
1543, “Palazzo novo” nell’inventario dei beni di Orazio del 1583.
Non si è certi dell’origine di questo “luogo di delizie”.
Forse in origine guardiola di difesa, nel 1432 per investitura feudale
venne in possesso di Valerio Valeri, nonno materno di Daria Malaguzzi:
è probabile che a lui si debba la costruzione del Mauriziano, non però
allora edificio a sé stante, ma parte di una più ampia corte
comprensiva di edifici padronali e di edifici di servizio. Della
costruzione attuale esisteva solo la parte centrale, che l’Ariosto
abitò da bambino; nel volgere del secolo furono realizzate le due ali
laterali - che rispondono ai raffinati ideali architettonici del
Rinascimento - con le tre stanzette ad oriente dette “ariostesche”.
È
questo, privo dei decori con cui Orazio Malaguzzi lo abbellirà a fine
‘500, il Mauriziano che il poeta, vivendo tra le asprezze della
Garfagnana, vagheggerà nel 1523.
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