Nella città che, su progetto di Biagio Rossetti, raddoppiava la sua
superficie con l’ampliamento della Addizione Erculea, da oltre un
secolo svettava su ogni altro edificio la mole quadrata del Castello
Estense, con quattro massicce torri angolari congiunte da alte cortine.
Al di là dell’ampio fossato sorgeva il Palazzo di Corte (ora Comunale),
residenza ducale degli Estensi, che la Piazza Maggiore separava dal
Palazzo Vescovile e dalla Cattedrale. Anche da questi luoghi
Ludovico seppe trarre spunti per le sue fantasie: la raffinata corte
ducale con le brigate di cortigiani spensierati e di dame intriganti,
con i giochi di società, le avventure d’amore, le feste di una città
sensuale e al tempo stesso battagliera, contribuirono a formare il
mondo variopinto del Furioso.
In questi luoghi il poeta trovò anche un ambiente fecondo per coltivare, da protagonista, un’altra passione: il teatro.
Alla
fine del Quattrocento ancora non esistevano teatri in muratura. La
rappresentazione di commedie era quindi uno spettacolo straordinario,
che comportava spese ingenti: il palcoscenisco andava costruito
appositamente e di norma conteneva scene dipinte da artisti famosi,
mentre agli spettatori (del quale a Ferrara faceva talora parte anche
il popolo minuto) erano riservate eleganti tribune in legno.
Al termine dello spettacolo tutto veniva distrutto.
Non esistevano neppure le compagnie di attori: gli spettacoli, in
genere nella forma dell’ecloga cortigiana o della commedia di
derivazione classica, venivano affidati ai nobili della corte e
dell’aristocrazia ferrarese. E’ probabile che già dal 1493 Ludovico
recitasse in una commedia allestita, come si usava allora, nel giardino
del Castello, “cum grandissimo piacer de le brigate”.
I
predicatori tuonavano invano contro tali rappresentazioni, che con i
balli, i banchetti, le mascherate e le giostre formavano il programma
dell'allora carnevale estense. Seguirono invece anni di inattività
per il teatro ferrarese dopo la calata in Italia del re francese Carlo
VIII e dei susseguenti eventi luttuosi che colpirono la casata estense.
Dopodichè,
nella fastosa residenza del duca, gli spettacoli ripresero ad allietare
la corte e neppure la morte nel 1505 di Ercole I, che tanto aveva avuto
a cuore il teatro, interruppe questo svago nobiliare; già dall’anno
seguente si tornò a recitare e sovente “in cartellone” trovavano spazio
produzioni nuove, come la Cassaria, che, datata 1508, fu la prima
commedia ariostesca. La Cassaria ricevette un consenso unanime di
critica e di pubblico. Ci piace pensare che anche per il teatro, come
in quegli anni di prima ideazione avveniva per il Furioso, l’Ariosto
trovasse nella marchesa Isabella uno spirito congeniale con cui
condividere le sue fantasie di artista.
Per
sottrarsi ai capricci del clima, s'era oramai iniziato ad utilizzare la
“sala grande” del palazzo ducale, capace di contenere alcune migliaia
di spettatori. Il palcoscenico era verso il Castello, le gradinate dal
lato opposto.
Qui, ricca di quadretti d’ambiente ferrarese, fu rappresentata nel 1529 la sua commedia più famosa, la Lena.
E qui, per volontà di Ariosto, sorse il primo teatro stabile italiano.
Fu infatti nel 1531 che il poeta fece costruire un palcoscenico fisso,
una “scena […]
di bellezza mirabile e grande che la parea una cittadella con camere
terrene et a solaro, finestre, poggiuoli, boteghe et chiese […]”.
La ricca scena “tutta rimase estinta” nell’incendio che divampò la notte del 31 dicembre 1532 nell’ala del palazzo ducale dove si trovava la Sala delle Commedie.
“Quella notte stessa s’infermò il poeta, che poi morì alli 6 di giugno del seguente anno”.
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