Viaggio intorno a Ludovico Ariosto e alla sua Reggio Emilia Viaggio intorno a Ludovico Ariosto e alla sua Reggio Emilia Viaggio intorno a Ludovico Ariosto e alla sua Reggio Emilia
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Viaggio intorno a Ludovico Ariosto e alla sua Reggio Emilia
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A Villa Minozzo si trova la torre dell'Amorotto, che sovrasta  la forra del torrente Dolo.

Essa faceva parte del castello delle Scalelle, una rocca del territorio di Gazzano, di cui furono signori i Dalli; secondo la tradizione, dall’inizio del sec. XVI divenne baluardo e rifugio del bandito Domenico de’ Bretti detto Amorotto. La zona fu teatro delle scorrerie di predoni che controllavano i valichi appenninici, in particolare verso la Garfagnana, governatorato, dal febbraio 1522 al giugno 1525, di Ludovico Ariosto per incarico degli Estensi.

Al poeta, anche e soprattutto in omaggio alla bellezza dei suoi versi, il potente Amorotto giunse ad offrire servigi per sbaragliare i briganti del territorio, per lo più legati alla fazione rivale di Virgilio di Castagneto, che controllava l’alto Modenese.
Ariosto, nel maggio 1523, scrisse al Duca di essere disposto ad accettare tale aiuto. Del resto, già da alcuni mesi cercava di indurre il signore d’Este a giocare d’astuzia: “…Havendo esso [Domenico] più possanza in questi paesi che non hanno li officiali di vostra excellentia, non mi pare che sia fuor di proposito di mostrare di credere che più presto ne sia amico che inimico, finché un dì messer Domenedio provegha che possiamo più di lui”.

Ma il Duca rifiutò e le offerte dell’Amorotto caddero nel vuoto.

Sulla torre così scriveva agli inizi del secolo scorso lo storico Andrea Balletti: “ …vi si giunge per un sentiero largo tre spanne che si divincola sopra un precipizio di 64 metri, dopo il quale arrampicandosi per schegge di macigno si può entrare carpone nella torre per un buco che basta ad una persona…".

La torre è rotonda, del diametro di cinque metri, che lo spessore dei muri riduce di tre all’interno. Attualmente è priva di tetto, alta otto metri e divisa in due piani, al secondo dei quali si saliva con uno scaletto, immesso nella torre mentre si fabbricava, e tirato poi su di piano in piano da chi voleva là ricoverarsi senza essere sorpreso”.

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