Aveva più di 100 anni la Cittadella quando non è da escludersi che vi nacque Ariosto. L’aveva voluta nel 1339 Feltrino Gonzaga, signore di Reggio, più per difendersi dalle fazioni urbane a lui ostili che da nemici esterni.
Per creare questo recinto fortificato, che coincideva a nord con le mura cittadine, aveva atterrato un intero quartiere, abbattendo quasi 150 case. E questa ferita al preesistente assetto urbano di certo non gli accrebbe le simpatie in città.
La chiesetta di S. Nazario, che dava il nome a quella parte di Reggio, diventò l’edificio di culto della Cittadella, mentre la ristrutturazione di un antico palazzo forse ospitò in un primo periodo lo stesso Feltrino e dagli anni dei Visconti il Capitano della Cittadella.
Per questo motivo si ipotizza che qui potesse abitare, insieme al marito Nicolò che ricopriva tale carica per conto degli Estensi, la reggiana Daria Malaguzzi quando diede alla luce Ludovico. Qui e non certo nel “palazzo nuovo” che Ercole I volle come nuova dimora ducale in Cittadella e che perdurò fino alla metà dell’Ottocento, poiché questo nuovo edificio, realizzato forse su disegno di Biagio Rossetti, non fu iniziato prima del 1480.
Fra tanti forse, è però certo che il futuro poeta visse in Cittadella i suoi primi anni, qui giocò e qui iniziò a fantasticare: la Cittadella era un piccolo mondo, di soldati e di cavalli, di dame e di signori. Tra fienili, stalle e depositi, vicino al forno, all’osteria e ad un mulino, gli si offriva alla vista anche una piccola officina d’armi, che nel martellare delle mazze e nelle piccole colate dei metalli gli tornò probabilmente alla memoria, moltiplicata e trasfigurata, quando sognò di Vulcano e della sua fucina:
"[…] spelunca affumicata dove
battea all’incude i folgori di Giove”
(C. II, 8)
testi: Aurelia Fresta e Fabrizio Anceschi
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