Fu la chiesa di S. Benedetto ad ospitare per prima le spoglie mortali del poeta, in una camera a sinistra ora non più esistente. Sistemazione fin troppo modesta, ma intonata allo spirito dell’Ariosto.
Non fu permesso al figlio Virginio di spostare le ossa in una cappella da lui fatta costruire davanti alla porta della “parva domus”.
Riuscì invece al gentiluomo Agostino Mosti, nel 1573, di erigergli un monumento nella cappella adiacente all’altare maggiore di S. Benedetto, per spostarne lì i resti durante una solenne cerimonia. Un nuovo sepolcro fu innalzato da un pronipote omonimo dell'artista agli inizi del ‘600, ma con l’arrivo dei Francesi alla fine del secolo successivo la chiesa fu adibita prima a magazzino e poi ad ospedale militare, mentre i monaci benedettini che la officiavano finirono dispersi.
Quando, nel marzo 1801, il generale transalpino Miollis constatò lo stato di abbandono in cui versava la tomba, decise che i resti venissero trasferiti nel palazzo dell’Università, ora Biblioteca Ariostea. Volle anzi che il trasporto avvenisse in forma solenne e con grande partecipazione di folla, ad indicare il rinnovamento delle coscienze e delle istituzioni culturali cittadine determinato dagli ideali rivoluzionari. I festeggiamenti ebbero inizio il 6 giugno e si protrassero fino al giorno successivo, quando le spoglie dell’Ariosto vennero tumulate definitivamente nella sala maggiore della biblioteca.
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