Le origini della famiglia da cui discende Ariosto vanno cercate sulle prime colline bolognesi, dove, a pochi km dal capoluogo emiliano - tra i torrenti Savena e Zena - sorge tuttora Riosto, un centro abitato di poche case sparse attorno alla chiesa parrocchiale, distrutta durante l’ultima guerra mondiale.
Qui i Riosti, poi Ariosti o Ariosto, avevano il loro castello, che s'innalzava ad occidente della chiesa; non ne è rimasta traccia, se si escludono i resti di una torre rotonda.
Agli inizi del sec XI, una parte del territorio che forma il comune di Pianoro (entro cui si trova Riosto) era di dominio del marchese Bonifacio di Canossa; lo stesso toponimo Pianoro è menzionato per la prima volta in una carta relativa al padre di Matilde. Il castello di Pianoro sorge su una collinetta che dominava la valle del Savena e l’importante via di comunicazione che la percorreva e che, collegando Bologna con Firenze, rivestiva un’importante funzione strategico-difensiva. Non lontano, alle falde del Monte delle Formiche, il castello di Zena appartenne in anni successivi alla stessa Matilde di Canossa.
Non pare dunque un’ipotesi spregiudicata pensare che gli stessi Riosti appartenessero a quella feudalità minore che, originariamente al servizio della dinastia canossana, alla morte di Matilde dovette riposizionarsi nel gioco sempre incerto della ricerca di nuovi equilibri.
Forse la rottura di precedenti alleanze porta i Riosto a scendere a valle, perché li troviamo nel sec. XII non lontano da Minerbio, a nord-est di Bologna, in un territorio che costituiva la punta avanzata della città felsinea in direzione di Ferrara, là dove gli acquitrini provocati dal Po e dal Reno rendevano necessaria la costruzione di fortilizi a presidiare le vie d’acqua che percorrevano le “valli”.
Da qui l’importanza di Minerbio, dove a pochi chilometri di distanza, nella località odierna di S. Martino in Soverzano, gli avi di Ludovico costruirono al limitare della palude una fortificazione attualmente inglobata nello splendido castello che agli inizi del ‘400 il cavaliere bolognese Bartolomeo Manzoli costruì come dimora aristocratica, seppur munita di difese di tipo militare.
Contemporaneamente (o subito dopo) la famiglia compie il salto di qualità decisivo; li ritroviamo infatti nella città felsinea alla metà del sec. XII con funzioni di primo piano: nel 1156 Ugo, figlio di Alberto, è console a Bologna e un secolo dopo un suo discendente, Bonifacio, partecipa alle lotte intestine che insanguinano la città. Nipote di Bonifacio è quella “bella Lippa di Bologna”, ricordata da Ludovico nel canto XIII del Furioso, che fa invaghire di sé niente meno che Obizzo III d’Este, il quale la tiene come concubina per due decenni, salvo poi sposarla nel 1347 per legittimare i tredici figli che la donna gli aveva dato. È in virtù di Filippa Ariosto che molti della famiglia si trasferiscono a Ferrara, dove troveranno modo di accumulare cariche di prim’ordine e di meritare la stima degli Estensi, al punto che Borso li definirà "ornamentum et splendor" della sua corte.
testi: Aurelia Fresta e Fabrizio Anceschi
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