La Satira I, scritta nell'autunno del 1517, è rivolta al fratello Alessandro Ariosto e a Ludovico da Bagno, segretario del cardinale Ippolito d'Este. In essa l'autore racconta la rottura col cardinale conseguente al rifiuto del poeta di seguirlo in Ungheria.
La Satira II, invece, è indirizzata al fratello Galasso e risale alla fine del 1517, prima di un viaggio a Roma che l'Ariosto intraprese per risolvere i problemi legali connessi al beneficio ecclesiastico di Sant'Agata in Faenza; in questa satira l'autore esprime considerazioni disincantate e disilluse sulla vita cortigiana.
La Satira III, del maggio del 1518, è rivolta al cugino Annibale Malaguzzi. In essa l'autore parla del suo nuovo lavoro al servizio del duca, rifiuta la carriera ecclesiastica e difende la propria dignità.
Nella Satira IV, composta nel 1523 e dedicata a Sigismondo Malaguzzi, l'autore si lamenta della lontananza della sua donna, del suo duro lavoro in Garfagnana e dell'impossibilità di scrivere.
La Satira V, la cui datazione è fissata tra il 1519 e il 1521, è dedicata nuovamente ad Annibale Malaguzzi e affronta alcuni motivi tradizionali della vita matrimoniale.
Nella Satira VI, scritta nel 1524-1525 e indirizzata a Pietro Bembo, l'autore chiede al letterato che procuri al figlio Virginio, studente a Padova, un professore di greco, raccomandandosi che sia affidabile per dottrina e per costumi.
La Satira VII, indirizzata al segretario del duca Alfonso d’Este, Bonaventura Pistofilo, fu elaborata in Garfagnana nella primavera del 1524; in essa il poeta giustifica il proprio rifiuto di diventare ambasciatore estense a Roma e afferma il suo desiderio di tornare al più presto a Ferrara.
>torna in alto |